Il diaframma viene anche definito “secondo cuore“ in quanto, come il cuore, non smette mai di funzionare, evidenziandone il ruolo centrale che questo muscolo ha nel nostro sistema corporeo.
Se pensiamo al respiro l’immagine che si presenta è quella dei polmoni: tutti sanno che è all’interno dei polmoni che avvengono gli scambi gassosi necessari alla nostra esistenza. È tuttavia interessante ricordare che i polmoni sono passivi durante la respirazione e che questa avviene a seguito di movimenti muscolari.
Abbiamo visto nell’articolo introduttivo che i muscoli che sostengono la respirazione sono:
- Il diaframma
- I muscoli toracici (sternocleidomastoidei, piccolo pettorale, dentato anteriore)
- Gli addominali (retti, obliqui, trasverso dell’addome)
Ma il principale motore della respirazione è il diaframma. Ed è di questo che parlerò ora
Un breve accenno anatomico
È una lamina muscolo tendinea che separa il torace dall’addome, a forma di cupola a concavità antero-inferiore rivolta verso i visceri addominali con una convessità postero-superiore rivolta verso i visceri toracici.
Ha tre porzioni muscolari:
- Porzione vertebrale
Formata da due voluminosi pilastri diaframmatici composti da fasci di fibre di ineguale lunghezza. Il pilastro destro, più basso rispetto al sinistro, si inserisce anteriormente sui dischi intervertebrali L1-L2 ed L2-L3, discendendo talvolta sul disco L3-L4. Il pilastro sinistro si inserisce sul disco L1-L2 e si prolunga spesso sul disco L2-L3. Questi pilastri servono essenzialmente per proteggere il passaggio dell’aorta addominale attraverso il diaframma stesso.
- Porzione costale
E tutta la parte laterale del diaframma: origina sulla faccia interna delle ultime sei coste e sulle arcate aponeurotiche che congiungono gli apici dalla 10a alla 12a costa; queste inserzioni si intrecciano con quelle del trasverso dell’addome e le sue fibre muscolari terminano sui bordi laterali del centro frenico.
- Porzione sternale
La parte sternale, la più piccola, è rappresentata da un fascetto di fibre muscolari che si portano dall’estremo inferiore dello sterno all’indietro. Tutte queste fibre muscolari si intrecciano in vari sensi direzionali tra di loro e si raccolgono in alto, in un unico tendine centrale chiamato centro frenico.
I suoi rapporti viscerali sono:
- Con la faccia superiore convessa, a livello del cuore.
- A livello delle coste è in rapporto con i foglietti parietali delle logge pneumo-polmonari destra e sinistra e con i seni pleurali costo-diaframmatici.
- Nella sua porzione inferiore, il fegato a destra occupa questo spazio attraverso la sospensione del legamento falciforme e dei legamenti triangolari, lo stomaco a sinistra è sospeso al diaframma attraverso il legamento gastro-frenico, la milza vi è connessa dal legamento freno-lineale, l’angolo sinistro del colon si connette al diaframma attraverso il legamento freno-colico. Posteriormente il diaframma è in rapporto con le capsule surrenali, il pancreas e i poli superiori dei reni.
Visto dall’alto possiamo vede i tre orifizi, uno per l’aorta, uno per la vena cava e uno per l’esofago, dove passano e vi aderiscono.
I suoi rapporti muscolari sono:
- Inferiormente e lateralmente con il quadrato dei lombi
- Medialmente con lo psoas.
Un breve accenno fisiologico
Quest’importantissimo protagonista della nostra vitalità e del nostro benessere collocato, fra torace e addome, da solo, assicura il movimento respiratorio fondamentale.
Il suo movimento può essere visualizzato come quello di una medusa, che si muove dall’alto verso il basso nel suo ambiente acqua per spinta idrostatica, oppure in modo più meccanicistico a quello di una stantuffo all’interno di una siringa che, se spinto, scende verso il basso, se tirato, sale verso l’alto.
Il diaframma, infatti, si abbassa durante l’inspirazione e si eleva durante l’espirazione. La sua capacità d’escursione è di circa 7-8 cm. Durante la respirazione a riposo, il suo movimento è di circa 1,5 cm, il che significa un’immissione d’aria di circa 0,5 litri, mentre invece nella respirazione profonda, quando in altre parole il diaframma si muove in tutta la sua capacità, la quantità d’aria “movimentata” arriva a circa 2,8 litri.
Il diaframma, quindi, da solo, assicura:
- Il movimento respiratorio fondamentale
- Nelle respirazioni di piccola ampiezza è coadiuvato dai muscoli intercostali
- Mentre nelle respirazioni di grand’ampiezza, la sua azione è supportata dai muscoli toracici nell’inspirazione e dagli addominali nell’espirazione.
L’inspirazione
I polmoni sono contenitori passivi. Ciascun polmone è avvolto dalle pleure, che sono due membrane, di cui quell’interna è a contatto col tessuto polmonare e quell’esterna con la gabbia toracica. Senza entrare in troppi particolari anatomici, affermiamo che ogni movimento della gabbia toracica provoca un movimento dei polmoni. Durante l’inspirazione, il diaframma si abbassa; i muscoli intercostali espandono le coste e queste ruotano ancora un po’ verso l’esterno, tutto questo aumenta il volume della gabbia toracica, creando così un vuoto al suo interno (pressione negativa), che provoca l’aspirazione dell’aria. La colonna vertebrale per effetto della spinta del centro frenico si estende e verticalizza. L’inspirazione è dunque un movimento attivo.
L’espirazione
È spesso definita non volontaria, data dall’azione del tessuto polmonare che, essendo elastico, ha la tendenza a ritornare allo stato originario dopo la sua estensione, avvenuta durante l’inspirazione, favorendo il ritorno del diaframma nella sua sede di origine, a questo si aggiunge il movimento di ritorno, del torace, che per gravità fa ricadere la gabbia toracica verso il basso. Tuttavia, nell’espirazione profonda, entrano in gioco i muscoli addominali, che si contraggono per consentire al diaframma di risalire il più in alto possibile. L’espirazione profonda, perciò, è invece un movimento attivo.
Da quanto esposto, risulta evidente che la respirazione avviene grazie ai movimenti muscolari, primo fra tutti quello del diaframma. Penso che la respirazione di piccola ampiezza “esista” per dare una ottimizzazione di recupero al diaframma e a tutti gli organi viscerali e muscolari con cui ha diretta o indiretta relazione. Invece la respirazione di media o grande ampiezza dovrebbe essere definita assolutamente volontaria e di stimolo attivo a tutti gli organi viscerali e muscolari con cui ha diretta o indiretta relazione e non solo per l’utilizzo dei muscoli accessori nell’espirazione. La colonna vertebrale nella espirazione flettendosi tende a ritrovare le sue fisiologiche curve anatomiche. L’espirazione è importante per la dinamica umana perché cancella la tensione diaframmatica e libera il funzionamento dello psoas-iliaco e anche del quadrato dei lombi.
Durante le ventiquattro’ore, il diaframma movimenta una quantità di sangue quattro volte superiore a quella del cuore. In particolare, il suo movimento provvede alla rimozione delle stasi circolatorie delle cavità addominali e del piccolo bacino, ove sono contenute grandi quantità di sangue, e negli arti inferiori.
Il diaframma, spesso non funziona perfettamente, in quanto per una non corretta educazione non si riesce a gestire il respiro in modo congruo rispetto alla necessità, provocando una potenzialità di malesseri vari molto generici:
- Scarsa circolazione periferica (arti superiori e spesso inferiori)
- Stati alterati dell’apparato digerente (gastralgie, reflussi, ernie iatali)
- “Problematiche” cardiache (tachicardie, dolori retro sternali)
Senza che essi siano patologici rispetto all’organo preso in analisi, sono riconducibili spesso ad un scarsa mobilità diaframmatica all’interno della sua cavità addominale.
Alla volte mi viene fatta una domanda molto semplice: “Ma se la respirazione viene definita “involontaria” perché la stessa non si ottimizza per regolare tutte le sue funzionalità?
Anzi, spesso è assolutamente carente? “
Io penso che la risposta sia già stata scritta nei vari Sutra Yoga, dove si dice che respirare libera, conduce. Parlando in termini anatomici e fisiologici, il diaframma viene considerato un muscolo involontario ed inspiratorio, durante la pratica Yoga invece, diviene un muscolo assolutamente volontario e, di conseguenza, espiratorio. Essendo che ogni muscolo possiede una propria memoria, respirare in modo Yogico oltre che stimolare i processi visti sopra, crea quindi uno storico muscolare che ci permette e conduce ad ottenere un diaframma più libero e in grado di muoversi in modo “nuovo”. Il Pranayama lo insegna da qualche millennio.
È stato stimato che non adoperiamo nemmeno un sesto della nostra capacità respiratoria, quindi non ci si può stupire se il corpo, inteso con unita ed entità globale, abbia di riflesso delle “anomalie”. È come pensare di utilizzare un auto con il freno a mano tirato, l’ovvietà è quella che ci porta a pensare che, oltre che usurare una somma di cose, il suo funzionamento sia alterato dal freno a mano tirato. Se le nostre cellule sono ossigenate il minimo indispensabile non si può pretendere troppo dal nostro corpo.
Solo il neonato ha una respirazione ampia, piena, ma nel diventare adulti la stessa funzionalità si riduce fino ad avere una condizione respiratoria ristretta, che è considerata dalla “fisiologia” Yoga come stato patologico.
Appunti di studio di Gaetano Zanni
Preciso e veramente molto prezioso!! Grazie!!
Veramente prezioso!! Grazie!!
Grazie a te Patrizia per averlo letto e per il tuo commento.
Ottimo, se mi verrà chiesto all’esame di anatomia non avrò alcun problema , interessante l’ultima parte sulle funzionalità e sulla respirazione yogica
Grazie
Grazie a te Davide per la visita! In bocca al lupo per il tuo esame 🙂
Davvero illuminante. Chiaro, semplice e utilissimo il commento sullo yoga. Grazie!
Grazie Patrizia del tuo feed back. 🙂
Scusami per il ritardo delle risposta. Grazie del tuo feed back. Spero di rileggerti presto. Seguici anmche si instagram 🙂