Harvard e yoga

Mar 16, 2014 | Yoga da leggere

 

Ogni giorno, milioni di persone al mondo praticano la meditazione. Gli yogi lo fanno da millenni e sono secoli che anche l’occidente ha iniziato quanto meno a incuriosirsi a questa pratica. Sembra, però, che alla parte del mondo che ha fatto della razionalità la propria bandiera, non bastino le testimonianze di chi ha provato la meditazione sulla propria pelle, per credere che meditare fa bene.

Molto spesso, il mondo degli scettici impenitenti, che continua a vedere nella meditazione una moda esoterica, praticata da un esercito di fanatici con la testa fra le nuvole, non si sogna neppure di “provare per credere”, ma ha bisogno sempre e comunque della scienza, prima di credere alla veridicità di qualcosa. E così, questa volta, nell’annosa questione, è intervenuta addirittura l‘Università di Harvard, con uno studio finanziato con 3.3 milioni di dollari dal National Institute of Health.

John Denninger è uno psichiatra che lavora e fa ricerca presso la Harvard Medical School, da cinque anni, conduce uno studio su come pratiche antiche come la meditazione intervengano a livello genetico e celebrale su soggetti affetti da stress cronico. L’importanza di questo studio deriva dal fatto che il team di Denninger si è servito di tecniche diagnostiche non invasive, che permettono di compiere indagini sul cervello, TAC o RMN, note anche come tecniche di neuro-imaging. Infatti, a differenza dei più tradizionali questionari somministrati ai “pazienti” ma anche del monitoraggio di cuore e pressione arteriosa, queste tecnologie permettono di misurare nel dettaglio le variazioni fisiologiche.

Ed è proprio questo che il team di Denninger si è trovato a fare su un gruppo di 210 individui sani ma con alti livelli di stress cronico, durante sei mesi. Di questi, 70 praticavano un “tipo” di yoga noto come Kundalini yoga (che unisce un alto grado di meditazione a esercizi di respirazione, mantra e tipiche posture yogiche), 70 meditavano e i restanti 70 ascoltavano audiobooks sull’educazione allo stress; tutti per 20 minuti al giorno e tutti settimanalmente sottoposti ad analisi per due mesi (incluse tre sedute extra con questionari e analisi del sangue).

I primi risultati, pubblicati lo scorso maggio sulla rivista medica PLOS one hanno dimostrato che meditare ha un reale effetto a livello biologico sull’intero corpo e non solo sul cervello. Aumenta, infatti, l’attività dei geni coinvolti nel metabolismo dell’energia e nella secrezione dell’insulina, mentre riduce quella dei geni coinvolti nelle reazioni infiammatorie e nello stress. E tutto questo anche in quanti non avevano mai praticato prima yoga o meditazione.

Va detto, inoltre, che, al momento, il team di Harvard non è il solo impegnato nello studio degli effetti dello yoga sulla biologia del corpo.

Numerosi studiosi della California, tra i quali anche il Premio Nobel 2009 per la Medicina, Elizabeth Blackburn della University of California, hanno pubblicato un interessante studio sull’innalzamento dell’attività dell’enzima telomerasi, attività che si riduce in modo drastico su persone affette da stress psicologico cronico: basterebbero pochi minuti di meditazione al giorno per migliorare l’invecchiamento indotto da stress e di conseguenza tutti gli effetti dannosi legato ad esso dicono le conclusioni di questo studio.

fonte

Sono numerosi, gli studi clinici-scientifici pubblicati rispetto la meditazione e la pratica dello yoga nei confronti di patologie molto importanti, studi che evidenziano come, sia una che l’altra pratica, posssano essere in grado di darci una mano concreta e con poco sforzo per una vita più di qualità.

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