Le basi neurofisiologiche dello Yoga, della Meditazione e dei processi creativi
dott.ssa Donatella Caramia
La mia relazione, fatta all’interno di questo Festival dello Yoga, vi porterà ad un attimo di riflessione teorica rispetto a tutte la parti pratiche presenti qui quest’oggi. Sarà una pretesto teorico per cercare di capire ciò che più di 6000 anni fa fu ipotizzato e tramandato circa il funzionamento del cervello rispetto al midollo spinale e del corpo rispetto allo spirito. Ad oggi, a distanza di tanto tempo, quest’indagine non appare più relegata solamente ad un ambito filosofico o spirituale, che favoleggia di miti, ipotesi, capacità o potenzialità superumane in ognuno di noi, ma è diventato oggetto di ricerca, a pieno titolo nel focus del mirino dell’osservazione scientifica. In questa lente d’ingrandimento l’analisi del il tessuto della materia che lambisce lo spirito ha iniziato un nuovo cammino.
Mi piacerebbe cominciare da una nota di colore e, se oggi siamo qui, uniti nell’intento di capire meglio chi siamo e come funzioniamo, lo dobbiamo in parte a grandi maestri spirituali che all’inizio del 900 a partire dagli anni ’20 hanno varcato estremi confini geografici tracciando una linea nel pianeta terra, un corridoio tra l’est e l’ovest, tra l’india e l’estremo ovest, in California. Ricordiamo naturalmente Paramahansa Yogananada che è stato il primo a credere fortemente nella possibilità che lo Yoga fosse un insegnamento universale, un sistema di vita ed un’apertura alla spiritualità adatto anche all’occidente ed adatto soprattutto a lenire le ferite di quello che sarebbe poi avvenuto a ridosso della seconda guerra mondiale.
Il secondo ringraziamento lo rivolgo ai Beatles. Nella loro irrazionale illuminazione, nella loro arte così bella, bizzarra e multiforme, hanno creato un supporto di proporzioni oceaniche a questa apertura, a questo grande ponte di musica e sapere tra oriente e occidente. I Beatles diventano protagonisti di una nuova apparentemente per caso, andando sulle rive del Gange da un maestro Indiano Maharishi Mahesh che insegnava meditazione trascendentale, portandosi dietro una vasta compagnia di artisti che sono rimasti storici (Mia Farrow, Donovan, ecc) e con loro le suggestioni e i sogni di milioni di giovani.
Li cominciarono a dar forma al loro percepire variazioni dello stato di coscienza, nel meditare o semplicemente assorbire nuove vibrazioni sulle rive del Gange. Loro, così sensibili, sentirono queste vibrazioni forti, questo respiro nuovo, sconosciuto all’occidente (la parola respiro è la parola chiave dello Yoga). In questo modo, attraverso il grande vascello della loro arte musicale, catapultarono nel grande bacino nella cultura mondiale le loro ispirazioni e il loro senso della sonorità, ribattezzate in nuove acque.
Quindi, questo è il preambolo che spero vi abbia portato in una dimensione aperta ad accogliere qualcosa di scientifico che altrimenti potrebbe sembrare freddo e arido.
In questa rappresentazione schematica della nstra colonna vertebrale nella quale è racchiuso il midollo spinale, si ravvede una significativa analogia tra la presenza di plessi nervosi ed il sistema dei chakra, sistema questu’ultimo, stabilito migliaia e migliaia di anni fa, ancor prima delle nostre definizioni anatomiche, raggiunte negli ultimi 4 secoli. Tale corrispondenza parla di punti cruciali. Dal basso verso l’alto c’è il plesso del coccige al quale corrisponde il muladhara, il chakra di base. Salendo abbiamo il plesso sacrale al quale corrisponde il chakra della vescica. A livello dell’ombelico abbiamo il plesso solare e poi, salendo, a livello del cuore il plesso cardiaco, a livello della gola il plesso carotideo. Nella fronte risiede il chakra dell’occhio spirituale chiamato anche terzo occhio e al vertice troviamo una forma di apertura con una rosa che corrisponde al grande chakra sahashrara.
1 Chakra – MULADHARA
2 Chakra – SVADHISTHANA
3 Chakra – MANIPURA
4 Chakra – ANAHATA
5 Chakra – VISHUDDHA
6 Chakra – AJNA
7 Chakra – SAHASHRARA
Quindi diciamo che si evidenzia una corrispondenza tra quella che è l’ubicazione fisica e l’ubicazione energetica dei centri vitali. Un plesso nervoso rappresenta un elemento fisico fatto di agglomerati neuronali laddove il chakra rappresenta la sede energetica che si esprime attraverso l’attività –fisica, mnemonica e simbolica- dell’organo che gli corrisponde.
E’ molto importante capire che i chakra vengono rappresentati come una ruota, il cui significato riflette una dimensione in continuo movimento. Analogamente, possiamo dire che un plesso nervoso può rappresentare anch’esso un vortice di movimento, espresso dalla conduzione nervosa che percorre i neuroni di questo sistema, “tenedoli” in uno stato di perenne movimento elettrico: l’alternarsi di cariche positive e negative, sulla superficie delle membrane neuronali, esegue una danza chimica che invertendo polarità di microsecondo in microsecondo determina il ritmo della vita neurale, psichica, senziente e cosciente. Un Movimento perenne, che persiste anche quando siamo in perfetto stato di riposo, meditiamo o dormiamo. Stabilito che chakra e plessi nervosi sono in un certo senso sovrapposti, e che ci sono elementi che li collegano possiamo pensare e capire come un movimento o una perturbazione (desiderio, memoria, emozione) a livello energetico dei chakra (piano sottile) possa essere in relazione, o almeno riflesso in ciò che si determina a livello fisiologico sui plessi nervosi (piano materiale) e viceversa.
Nella posizione yoga Shavasana (definita posizione del cadavere) il nostro cervello emette delle onde, ritmi di onde, registrabili con degli elettrodi in superficie posti sul capo. Tali onde, conosciute sotto forma di onde elettroencefalografiche corrispondono alla frequenza di 10 cicli al secondo (ritmo alpha).
Quindi, la successione delle onde cerebrali, come in un oceano, costituiscono un vasto divenire di flussi neurali che cambiano a seconda che siamo a riposo, pensiamo, sogniamo, parliamo, camminiamo, ma che, soprattutto, indicano una continua e permanente attività che si propaga in tutto il sistema nervoso, dal centro alla periferia.
Un aspetto importante che in questo festival vorrei testimoniare a livello scientifico è che lo Yoga fa bene, è salutare.
Una volta provata l’esperienza di questo insegnamento se ne percepisce subito l’impatto benefico sul corpo, sulla mente e sulle emozioni (mens sana in corpore sano). Quindi è la personale esperienza percettiva dello yoga la traccia empirica di questa disciplina, un sistema di insegnamenti che appreso e portato avanti con intelligenza e continuità, determina una riforma psicofisica percepita come benessere globale, della mente e del corpo.
Oggi, sul piano scientifico, gli effetti dell’esercizio fisico sono studiati in maniera più approfondita e privilegiano lo Yoga tra le varie discipline perché è un sistema che comprende l’integrazione di diversi elementi: il rilassamento corporeo, la respirazione, la concentrazione mentale, fasi mediate dalla messa in circolo di sostanze come ormoni e neutrasmettitori che svolgono un ruolo chiave nel mantenimento di uno stato ottimale di salute e miglioramento della qualità della vita.
Cosa significa? A quali sostanze si fa riferimento?
I neurotrasmettitori, sono sostanze psicoattive che vengono prodotte e messe in circolo a livello cerebrale e che determinano le parole con le quali i neuroni dialogano tra di loro.
Come fa un neurone o una serie di neuroni a parlare con un’altra serie di neuroni che devono eseguire ciò che viene richiesto dal sistema?
I neuroni comunicano tra loro in corrispondenza di punti di contatto, le sinapsi, attraverso un codice chimico, costituito da molecole chiamate appunto neurotrasmettitori.
Siamo venuti a conoscenza, in questi ultimi anni, della presenza di tantissimi neurotrasmettitori che servono come un linguaggio, e sono messe in circolo in maggior o minor misura a seconda del tipo di attività che noi facciamo e del tipo di emozioni che non solo proviamo spontaneamente ma che tendiamo a rinforzare, sono causa e/o effetto della la nostra vita emotiva, regolandone l’espressione e il tono interno.
Ci sono, quindi, sostanze che determinano notevole benessere sulle quali sono basati i principi attivi degli psicofarmaci, ad esempio degli antidepressivi, basati sul rilascio o sulla maggiore disponibilità a livello cerebrale della serotonina. La serotonina la molecola del benessere psichico e anche dell’innamoramento. Non è soltanto una sostanza che tende a farci stare bene, ma da anche carica, slancio, uno stato assimilabile a quando si è innamorati e ci si sente in grado di conquistare il mondo. Un altro gruppo di molecole che vengono messe in circolo in maggiore quantità quando si pratica lo Yoga sono le endorfine. Sono molecole più complesse, non hanno l’aspetto immediato di scatto, di slancio che ha la serotonina, come quando si mangia un cioccolatino e si sta meglio. Le endorfine, invece, determinano e stabilizzano un sentimento più duraturo di benessere. Hanno molto a che fare con l’analgesia, quindi con la riduzione della recezione del dolore, e con un sentimento di pace, di calma interiore. Tra le altre cose, sono delle molecole estremamente importanti perché, non solo determinano un supporto al cambiamento nel lungo termine di quello che è proprio il tessuto emotivo dell’individuo, ma sono anche molto legate all’attività del sistema immunitario.
In quale modo?
Sono positivamente correlate allo stato di salute perché rinforzano tutta la produzione dei linfociti, cellule del sistema immunitario che determinano la produzione di anticorpi e la resistenza al cancro. Per cui, un tenore alto di endorfine determina una maggiore resistenza sia alle malattie che si contraggono, epidemie virali, influenze e cose di questo genere, ma soprattutto, se si fa menzione nello specifico dei linfociti T, rispetto alle malattie degenerative e ancor di più rispetto al cancro perché l’immunità sorveglia tutte le variazioni patologiche che hanno luogo nel nostro organismo a qualsiasi livello.
Quindi è molto importante capire che stabilire all’interno di noi un alto regime endorfinico non solo ci fa stare bene, ci rende pacifici, ci fa percepire quel fiotto di armonia interiore indispensabile per condurre una vita ispirata, ma soprattutto ci rende creativi perché è in questa dimensione che la creatività può incominciare ad esprimersi.
Quando siamo bersagliati da un altro tipo di molecole come l’adrenalina, sostanza che si mette in circolo quando si adottano strategie di fuga e combattimento, mordi e fuggi, succede di provare emozioni fortissime, passionali, ma con toni anche negativi. Al nostro interno si crea uno spaccato che determina il grande potenziale. E’ la ferita che determina la possibilità di una successiva produzione creativa. Ma la creatività non può avere luogo proprio nel mezzo del tormento, nel mezzo del bombardamento di questa situazione catecolaminica (questo il nome delle sostanze in circolo). La creatività può esprimersi quando si approda a un altro livello di percezione della nostra interiorità, del nostro essere al mondo, sostenuto in termini esistenziali dalla forza dell’ispirazione e in termini biochimici dall’endorfine che, ripeto, sono le molecole che maggiormente vengono secrete all’interno del sistema cerebrale sulla scia di una pratica meditativa e durante la pratica regolare dello Yoga.
Chi pratica Yoga e meditazione può arrivare ad una conclusione esperienziale rispetto a queste molecole ed alla loro funzione o attivazione durante la pratica; “questa conclusione può essere che la pratica costante rinforza il proprio sé psichico e corporeo coinvolgendo il sistema immunitario”. Può sembrare una specie di manipolazione della conoscenza mentre non lo è affatto e oggi ne abbiamo una crescente certezza sprimentale. Tra i vari fattori in gioco, ci sono ancora elementi molto importanti. Lo Yoga e la meditazione si accompagnano ad una riduzione del cortisolo, analogo del cortisone, che aumenta nel nostro organismo nei momenti di stress e si riscontra, purtroppo, in alcune malattie neurologiche importanti. Ad esempio nela sclerosi multipla, una malattia importante perché colpisce una popolazione di persone giovani, di donne prevalentemente giovani in età fertile. Queste persone sono a rischio di ammalarsi sempre più gravemente proprio per il fatto che non hanno sistemi protettivi nei confronti dei normali “attacchi dello stress” ai quali siamo soggetti nella vita quotidiana.
Quindi, si è osservato come lo Yoga determini un abbassamento dei livelli di cortisolo e come questo si rifletta in una maggiore resistenza verso molte malattie. Lo stress si accompagna ad una messa in circolo di alte quantità di cortisolo (carburante per far fronte all’emergenza), quindi sress = aumento del cortisolo, antistress (yoga)= abbassamento dei livelli di cortisolo per azione antagonizzante sulle cause dello stress. Quando siamo stressati cambia anche il pH dentro di noi, un indice che indica il livello di acidità del sangue e degli organi
Cos’è il pH?
Il pH è quell’indice che determina quanta acidità abbiamo nel nostro organismo. Tanto più ”acidi“ siamo, tanto peggio è per noi, nel senso che l’acidità non solo fa male allo stomaco, ma fa ancora peggio al cervello perché determina una situazione nota sotto forma di eccitotossicità. Crea, quindi, un aumento dell’eccitabilità neuronale che non va a buon fine, ma determina invecchiamento e morte delle cellule, attraverso lo stress ossidativo e un aumento dei radicali liberi . Quindi la pratica dello yoga e della meditazione favoriscono il bilanciamento fisiologico del pH e riducono il cortisolo e, fate bene attenzione, EFFETTI del ribaltamento di un circolo vizioso in virtuoso. Lo Yoga determina questo direttamente attraverso una pratica continua, con il creare una disposizione volontaria sempre nuova dell’unità corpo-mente, con una volontà cosciente, sempre implicata in questo fare, che si pone lo scopo che tutti i meccanismi del nostro organismo funzionino al meglio dell’espressione fisiologica nella vita quotidiana.
Le sinapsi
Come vediamo nell’immagine questa è una sinapsi. Abbiamo detto che le sinapsi sono come bottoncini che permettono la comunicazione tra neuroni. Sono siti di contatto anatomico e funzionale tra due neuroni, cioè tra due cellule nervose. Detti anche giunzioni sinaptiche, questi punti di raccordo permettono la trasmissione d’informazioni sottoforma di segnali elettrochimici. Questa è la comunicazione, sono le parole che loro si scambiano sottoforma di quelle molecoe di cui prima abbiamo parlato che sono i neurotrasmettitori. Questa comunicazione avviene continuamente e in maniera istantanea nel nostro cervello (ogni contatto sinaptico avviene nello spazio di pochi microsecondi, parliamo di milionesimi di secondo).
Il nostro cervello è uguale a livello visivo a quello degli animali. E’ incredibile ed affascinante vedere questa massa gelatinosa e allo stesso tempo capire che questa sostanza grigia contiene un numero incalcolabile di neuroni. Dalle ultime acquisizioni di studio i neuroni sono calcolabili nell’ordine di miliardi, ma è incalcolabile il numero dei contatti sinaptici. Le sinapsi non sono un appannaggio fisso di ogni neurone, c’è una sinaptogenesi, cioè la formazione continua di questi bottoni di contatto e scambio. Questo significa che in noi, a seconda di come siamo, di come sentiamo, di come ci esercitiamo, di come ci sviluppiamo, di quali cose impariamo, creiamo, a seconda di quanto la nostra vita si arricchisce di contenuti interni, quinidi non solo di azioni ma di emozioni, di intuizioni, di intelligenza, si determina un numero di neuroni incalcolabile che continuamente varia in maniera proporzionale alla formazione di nuove sinapsi. Quindi niente è determinato in noi, possiamo svilupparci in una varietà infinita. Se pensiamo ad un pianoforte contiamo 88 tasti, un numero finito. Eppure su quei tasti si possono suonare infinite melodie ed armonie. Allo stesso modo il nostro DNA ha 4 basi azotate e sull’alternarsi di quelle 4 basi azotate abbiamo la possibilità di rappresentarci come essere umani, in un’infinita gamma di effigi, figure, tipologie esterne e possiamo immaginare infiniti modi di essere, di sentire, di pensare e di determinare spazi di coscienza.
Quindi, è molto importante pensare che all’interno di questo cranio, un guscio chiuso come una cassaforte inespugnabile, un guscio che dopo il secondo anno di vita chiuse tutte le fontanelle, include un universo che può cambiare all’infinito nell’arco di una vita. Volendolo, ma anche non volendolo, infatti cambia inesorabilmente in relazione al ritmo pulsante della vita.
Per concludere il discorso sulle sinapsi, e i neurotrasmettitori, voglio menzionare in modo particolare il GABA, acido amino butirrico.
Perché è importante?
Perché ha molto a che fare con la meditazione. Il GABA è un neurotrasmettitore chiave del linguaggio neurotrasmettitoriale, che determina inibizione.
Che significa?
I neuroni si eccitano e si possono registrare i risultati dell’eccitazione neuronale sotto forma di onde su di un tracciato elettroencefalografico. Il neurone è rivestito da una membrana che espone cariche elettriche sia sul lato esterno che si affaccia sullo spazio extracellulare, che sul lato interno. Questa membrana si inibisce o si eccita a seconda delle variazioni del potenziale di membrana determinate dagli impulsi elettrici che percorrono i neuroni. L’inibizione neuronale corrisponde al silenzio elettrico del neurone, iperpolarizzazione, mentre al contrario l’eccitazione allo sparo e propulsione di impulsi verso altri neuroni (depolarizzazione. Questo, da un punto di vista teorico, serve a capire che l’interiorizzazione, il silenzio, il riposo, l’atteggiamento meditativo, la recitazione di un mantra e anche il cercare di fare, diciamo, schermo bianco mentale, vuoto all’interno di noi stessi, favorisce e rinforza l’inibizione neuronale attraverso la secrezione di GABA che a sua volta determina un consolidamento della capacità attentiva, perché sappiamo che la pratica meditativa non è una forma di narcosi o di sonno, ma è una pratica fortemente attentiva. Ci si stacca dagll’influssi esterni, si tagliano i telefoni dei sensi come diceva Paramahansa Yogananada nei suoi Sutra, cioè si chiudono gli occhi, si cerca di interiorizzare tutto il tesoro informativo della percezione che viene dall’esterno e ci si mette in contatto con una dimensione di spazio e silenzio interiore.
Il GABA è un neurotrasmettitore fondamentale per l’inibizione e la conservazione dell’energia endoneuronale che agisce in sinergia con un’altra sostanza l’ anandamide, presente in alte concentrazioni, che suggella il senso di benessere che l’interiorizzazione determina. In sanscrito Ananda significa estasi, quini l’anandamide è quel neurotrasmettitore che media il senso di benessere con un’accezione spirituale, un’estasi sacra, non un’estasi da sballo.
Quindi, è molto importante capire che se nel corpo l’aumento del GABA si accompagna a stati di benessere psichico ed emozionale (tra le altre cose il GABA è noto in farmacologia come neuro protettore), significa che più GABA circola tanto meno dobbiamo temere il deterioramento cerebrale o malattie come l’Alzheimer e l’arterio-sclerosi. Per la neuroprotezione il GABA agisce come una specie di lubrificante che aiuta a tenere i neuroni più sani e più longevi promuovendo i fenomeni rigeneratvi e di compenso all’interno del sistema nervoso. Studi clinici basati sull’acquisizione d’immagini funzionali del cervello con risonanza magnetica hanno mostrato che cosa accade in chi medita. Sono stati messi a confronto i cervelli di 12 esperti meditatori a confronto con dei novizi.
La differenza che si è rilevata è molto esplicita e significativa, soprattutto in alcune porzioni cerebrali. Come modello base è stato visto che i novizi, cioè quelli che incominciano a meditare da poco sono quelli più vicini ad una persona che non medita.
Le aree di attività cerebrale che si sono evidenziate nei soggetti che meditano da lungo tempo sono molto più intense ed estese rispetto ai soggetti di controllo e questo sembra quasi un paradosso. Chi medita molto ha un cervello più attivo. Non attivo in senso nevrotico o nel senso che si sta pensando a qualche cosa, probabilmente questa è un’attivazione che determina il risultato di un distacco dalla percezione sensoriale mentre riflette quello che è l’immersione all’interno della nostra profondità.
Quindi anche se noi non stiamo pensando a nulla, ma siamo assorbiti in un vuoto, e riusciamo a immergerci nel silenzio due onde, nell’intervallo tra l’inspirazione e l’espirazione, vediamo quanto quest’attività, o meglio non attività, possa provocare un aumento della circolazione di sangue ossigenato a livello cerebrale che si configura come potenziamento dell’intensità di segnale in alcune aree specifiche del cervello. Possiamo anche dedurre, quanto nutrimento il cervello sta assumendo nelle fasi in cui si è immersi nella meditazione e quanto il fenomeno sia correlato proporzionalmente al tempo di pratica.
Il linguaggio Yoga che identifica un passaggio di Prana attraverso il respiro come una fonte di benessere, di salvezza, può essere messo in analogia al Prana che circola nel sangue rilevato da uno studio neuro scientifico molto spiccato e molto evidente.
In un altro studio sempre basato sull’analisi delle immagini cerebrali ottenute mediante risonanza magnetica si è studiata la densimetria della sostanza grigia che appare inspessita nei meditanti di lunga data, lasciando intuire come meditazione influenzi positivamente i fenomeni di plasticità cerebrale sotto forma di rigenerazione neuronale e ampliamento del numero delle sinapsi. La plasticità cerebrale, cioè il modo in cui il cervello si rinnova e si modella rispetto all’esperienza, non è soltanto un attributo dei momenti di crescita, ma è un moto perpetuo che va avanti tutta la vita portando con sè effetti positivi e duraturi. Ulteriori studi clinici hanno evidenziato come le attività creative abbiano effetti analoghi alla meditazione e come il vivere senza stimoli e interiorizzazione porti ad un più precoce invecchiamento ed ad una riduzione della massa grigia cerebrale.
La mente meditativa funziona meglio?
In questi ultimi anni, neuroscienziati e fisici si sono posti quesiti specifici per delineare in un linguaggio scientifico attuale le intuizioni filosofiche e spirituali dei grandi illuminati del passato.
Quesiti:
Una mente meditativa è in grado di determinare un aumento nella sostanza grigia?
Siamo in grado di affermare che i benefici della meditazione sul piano emotivo e sul piano mentale determinano anche benefici sul piano organico – cerebrale?
Questa pratica regolare può portare a una variazione delle attività fisiologiche e neurochimiche del cervello?
Queste erano le domande che ci siamo poste all’inizio dell’indagine scientifica quando abbiamo cominciato a valutare effettivamente se ci fosse la possibilità di convalidare scientificamante queste ipotesi. Queste domande, poste alla fine dell’analisi condotta finora hanno una sola unanime risposta: SI.
Prima di concludere, vorrei ancora fare menzione del valore della pratica della consapevolezza sul mondo della percezione. Oggi, parlavo con un amico che mi ha fatto una domanda molto interessante rispetto a questo argomento. Meditazione e Yoga cambiano la nostra percezione del mondo e il modo di sentire gli altri? Si, siamo più sensibili, alcune cose ci possono turbare di più altre e altre meno facendoci sentire più salutarmente distaccati. Non dobbiamo poi dimenticare l’aspetto fisico del sentire, infatti Yoga significa unione del corpo con la psiche. Questa è sia la radice etimologica, sia il significato più profondo: andare oltre il dualismo della nostra esistenza. Allora, la percezione è molto importante, la percezione ci tiene in piedi, detto proprio come uno slogan, perché non abbiamo soltanto percezioni emotive ma anche percezioni sensoriali attraverso la vista, l’udito, l’olfatto, il gusto. Poi c’è l’altra percezione fondamentale che è quella del tatto e del dolore e ancora la propriocezione, cioè la percezione della nostra posizione muscolare, fondamentale per farci stare in piedi perché, se non avessimo questo flusso in ingresso del nostro corpo, il nostro sistema motorio, la nostra azione di attività muscolare, il camminare o svolgere qualsiasi azione non sarebbe possibile. A partire dal bambino che ha una mobilità povera all’inizio che nel tempo si arricchisce, si perfeziona, fino a diventare un trapezista del circo, un ballerino magnifico, questo movimento che da inesistente, impacciato, diventa normale, poi diventa super fino a diventare meraviglioso, tutto questo può esistere soltanto perché c’è una perfetta integrazione continua tra quello che viene in ingresso. Siamo continuamente bersagliati da segnali esterni, il cervello riceve segnali ogni microsecondo e noi rispondiamo con un’azione specifica.
Voglio dire che la percezione è importante per poi determinare l’azione. All’inizio può essere un’azione stanziale, un’azione posturale che successivamente diventa un’azione volontaria. Quindi, per chiudere questo discorso che vuole mettere ordine in alcuni aspetti di organicità e far comprendere quanto lo Yoga sia una fedele, vivente immagine olografica di quello che noi siamo e quanto ci aiuta a perfezionarci in tutto, nella mente e nel corpo, è importante sempre conservare l’idea che siamo come porte aperte in ingresso e in uscita. Quanto più siamo armoniosi, tanto più ci mettiamo in contatto con una profondità che può poi restituirci un’estrema gioia, anche creativa. So che non dovrei parlare a voi di questo, ma parlo anche a molti dei miei colleghi per far comprendere quanto lo Yoga sia scientifico, ora che abbiamo a disposizione studi clinici ufficiali.
Quindi l’aspetto della percezione è molto legato a questo equilibrio, a questa dominanza delle voci in ingresso e delle azioni in uscita della nostra vita. E ne ho fatto esperienza personalmente quando due anni fa ho deciso di fare un anno sabatico e di dedicarmi alla ricerca in merito ai meccanismi della creatività all’interno del cervello. Ho fatto un esperimento su me stessa e ho cominciato a comporre musica e l’esperimento è riuscito. Dopo questi due anni ho composto un intero cd, che spero che un giorno sarà diffuso, chissà. Nel mio percorso ho intervistato una serie di artisti che raccontavano come lo stato creativo dipendesse da alcuni momenti, da alcune situazioni che potevano essere assimilate ad uno yoga spontaneo.
Vi ringrazio
Domande del pubblico
1. D: Quando lei parlava dei neuro trasmettitori e del fatto che noi possiamo modificare continuamente il nostro cervello, il mio pensiero andava verso una condizione di invecchiamento fisiologico del nostro cervello. La mia domanda è: in che modo la meditazione e lo Yoga agiscono o possono agire contro questo invecchiamento? E se anche scientificamente esistono delle prove.
R: Riguardo le prove scientifiche ci sono gli studi di cui parlavo prima e le indagini radiologiche viste ne fanno parte. Parlavo della messa in circolo di queste sostanze, il GABA. Il GABA è una sostanza che inibisce l’attività neuronale e che nello stesso tempo determina una neuro protezione. Quindi con la pratica dello Yoga si è visto che il GABA aumenta e, in termini molto semplici, modula l’attività di membrana neuronale secondo il giusto regime fisiologico. In altre parole, non si bruciano cartucce inutili, non si dà in escandescenza inutile, proprio in termini di energia neuronale. Questo è il primo motivo, per cui c’è una conservazione, l’energia viene custodita, viene conservata, preservata. L’altro aspetto è quello dell’acidità, quindi la riduzione della messa in circolo dei radicali liberi, quindi dei fenomeni ossidativi e che sono i fenomeni per cui il neurone e la cellula invecchiano. Le donne lo sanno che tutte le creme contengono i fattori che combattono i radicali liberi, lo Yoga a livello cerebrale funziona così, determina un contenimento della messa in circolo di questi radicali che poi inducono l’invecchiamento cerebrale.
2. D: Pensavo alla sincronicità di cui Jung parla. Queste cose che avvengono al di là della visione materiale. Come la scienza può spiegare ciò?
R: A questo punto io risparmierei le mie energie e vi farei vedere un video in cui io parlo appunto di questa sincronicità.
Spero che il video appena visto sia la risposta alla domanda anche se però andare oltre il bene ed il male non significa osare, significa andare oltre la dualità e questo è aiutato dallo Yoga e dalla meditazione che fare Yoga comporta. Avete visto dalle immagini, le aree cerebrali più attive, più accese durante la ricerca di più spazio in altre dimensioni dove noi siamo più staccati e giudici imparziali rispetto all’immediato essere.
3. D: Ho sentito parlare di onde cerebrali in diverse frequenze e diverse specificità rispetto al nostro stato. Esiste una relazione tra queste onde e il significato che lo Yoga, la meditazione e la preghiera possono avere sulle stesse?
R: Esistono queste bande di frequenza che non vi ho fatto vedere perché sono così noiose e dottorali che sono le onde alfa, beta, gamma, theta e delta. Più il cervello va lento e meglio è, quando non si è in coma naturalmente, altrimenti la lentezza cerebrale poi si associa alla patologia. L’aspetto che dice lei, che fa parte di una ritmicità più sofisticata, più aderente alla volontà espansiva di arricchimento della coscienza, questa in realtà esiste e si sono fatti dei bellissimi esperimenti in cui si è osservato come reagivano e come si comportavano in simultanea i cervelli di due meditanti, durante la meditazione, oppure i cervelli di una madre e un figlio, di due gemelli, di due che si amano. Si parla addirittura di possibili stati di sincronizzazione di queste onde cerebrali. Bella la sua domanda, perché apre la porta a qualcosa che io non avevo detto ma che speravo potesse emergere. Diceva questo poeta meraviglioso John Donne: “nessun uomo è un’isola”, intendendoci tutti all’interno di un arcipelago e che ogni singolo poteva essere un isolotto sotterraneamente collegato, quindi, come nessun cervello sia un isola. Ogni individuo e di riflesso ogni cervello non sono una cosa a se stante, ma la vicinanza di persone che abbiano intenti analoghi e compiti di attenzione, persone che emettono frequenze analoghe, può essere influenzato e perché no può arrivare a modificare la sua essenza. Queste frequenze chiaramente sono contenute in uno spettro, così come la luce, però è come guardare un tramonto la sera. Avete mai visto un tramonto uguale all’altro per due sere consecutive? Mai! E’ sempre diverso. Può essere meraviglioso, lo può essere meno, può essere piatto o grigio, però è sempre diverso, sebbene sfrutti sempre la stessa gamma di frequenze spettrali delle lunghezze d’onde dei colori e della luce. Quindi la stessa cosa nel cervello. La gamma frequenziale che esso emette è quella, che va da pochi hertz a 10/12 fino a 18, però naturalmente l’armonia, il movimento, le prevalenze da una regione all’altra, dipendono da come stiamo, da chi abbiamo vicino. L’ultima cosa molto importante che lei mi ha chiesto era riguardo alla preghiera o ia recitare un mantra. Qui ovviamente dipende dal tipo di mantra che si recita. Il mantra è uno strumento, ma in realtà è una preghiera. Sono le preghiere interne, ripetitive. Questo determina interessanti movimenti di frequenze cerebrali che hanno un grande significato rispetto al mantra.
4: D: Si può ipotizzare che queste frequenze che parlano fra loro?
R: Sicuramente c’è una comunicazione. Si parla tantissimo di telepatia. Sono telepatiche le persone empatiche, siamo più telepatici con chi amiamo, siamo più telepatici con chi frequentiamo di più e allora possiamo dire che l’empatia crea una sincronizzazione. Queste frequenze fanno in modo che un cervello possa addirittura parlare all’altro e ne abbiamo esperienza, sporadica, ma ce l’abbiamo. Ma sicuramente l’esperienza più grande, rispetto alla domanda che mi viene posta in questi termini, è quella onirica. Nei sogni, il più delle volte la comunicazione è telepatica. Quanti di voi hanno avuto quest’esperienza in un sogno di fare un lungo discorso non parlato, era da mente a mente. Forse quasi tutti hanno fatto un sogno del genere?
Quindi, probabilmente questo che tu chiedi è molto vero ma con un livello di coscienza che ordinariamente non usiamo durante la veglia, un livello di coscienza profondo, ma il meccanismo c’è.
5: D: Si riferiva allo Yoga definendolo “spontaneo” e su questo viene appunto una domanda che ha a che fare con la condizione che può rimanere oltre il tempo della pratica, in modo da essere più adatti, più preparati ad affrontare la quotidianità che serve, non solo per una oggettività motoria ma anche per esempio alla creatività che noi possiamo esprimere in momenti particolari della nostra vita. Mi chiedevo cosa ne pensava?
R: I due grandi pilastri della nostra percezione sono l’impermanenza e la permanenza. L’impermanenza è talmente ovvia, il tempo che scorre, la clessidra è l’aspetto più emblematico, questa sabbia che disegna anche fisicamente le montagnole che si formano e non sono mai ripetibili, il tempo che scorre. L’altra è la permanenza che è la memoria, comunque noi abbiamo una grande memoria, una memoria indistruttibile. Addirittura gli esperimenti fatti negli anni trenta da questo grande neurochirurgo Penfield che inserendo degli elettrodi all’interno del cervello di persone era in grado di registrare ricordi integri, precisi, in dettagli ed eventi ad esso associati. Questi dati registrati, venivano sottoposti ai pazienti sui quali si voleva intervenire per tumori cerebrali, e coscientemente ogni paziente diceva “ma io non mi ricordavo”. Mentre invece è così e il pacchetto veniva restituito intero, come il file di un computer. Non c’erano buchi, ne lacune, incertezze o nebbie. Quindi l’impermanenza è il tempo, è la nostra vita temporale, la permanenza è la memoria. Di fatto poi nel nostro corpo, nel cosmo, sulla terra, esiste una legge che mette insieme questi elementi dell’impermanenza e della permanenza, che è la Legge di Risonanza: cioè nessuna cosa cessa mai di risuonare. All’interno di noi, che siamo anche un sistema parzialmente chiuso, perché abbiamo visto che i cervelli si’ingaggiano, comunicano tra loro, che siamo come delle antenne, siamo chiusi nell’aspetto nella nostra struttura ossea che limita la nostra sagoma fisica, però siamo infiniti, abbiamo visto un numero infinito di sinapsi, quindi la ridondanza e la risonanza all’interno di noi, non cessano mai. Quando per esempio un maestro come Osho dice: “io anche se adesso sto parlando continuo a meditare”, non dice una cosa assurda, lui dice la sua verità, è in grado di sentirla, perché il suo mantra risuona all’infinito, perché risuona e non smette mai. Va sul polo della corteccia e ritorna come un suono di sottofondo, così come un suono può diventare virtù, una tendenza alla percezione del bello, alla creazione del bello, diventa un risuonare continuo che risuona continuamente il nostro essere. E questo è il principio del respiro, il respiro nell’aspetto totale della sua essenza integra sia la permanenza che l’impermanenza. E così fanno anche le molecole, che ritornano all’origine. Stabilire una tendenza è fondamentale in ogni atteggiamento della vita. Noi siamo macchine, dal punto di vista meccanicistico, quindi siamo macchine che memorizzano e che ripetono, quindi siamo noi a dover decidere cosa memorizzare, a cosa dare spazio e cosa ripetere perfettamente.
6: D: La mia riflessione e domanda era in riferimento all’energia creativa, io ero abbastanza interessata rispetto l’aspetto musicale ma anche in generale, la mia domanda è: in che modo il cervello, attraverso questa energia creativa, si comporta? Come entra nell’azione aiutandoci a compiere l’evento?
R: Questa è una domanda che ha ancora un sacco di mistero intorno, però si può arguire qualcosa. L’aspetto meditativo determina una messa in contatto con una profondità alla quale normalmente non abbiamo accesso. Addirittura grandi scienziati e grandi matematici hanno avuto visioni che li hanno portati a grosse scoperte, durante uno stato di risveglio, cioè un dormiveglia. Hanno avuto immagini che sono venute da una profondità, e una volta svegli, con l’aiuto della coscienza discriminante, sono riusciti a far quadrare questa immagine con i parametri della gravità terrestre e di tutte le nostre coordinate importanti che regolano la nostra vita cosciente.
Diciamo che senza un faro interiore il faro esteriore non si può creare da fuori. Un faro esteriore è importante ma ci guida nella esatta replica, in una ripetizione fedele e anche bellissima e necessaria. Perché se intorno ad un tavolo operatorio, sovrastato da questo grande disco volante di luci, c’è un’equipe chirurgica che deve eseguire un intervento, chiaramente lo deve eseguire a regola d’arte come il protocollo prevede, come è scritto, come si deve fare, con quei passaggi, con quella danza e quella ripetitività la quale se non ben fatta può provocare la morte del paziente. Tuttavia quel faro che fa vedere così bene il campo operatorio e che illumina l’architettura, la coreografia sul tavolo operatorio e sul paziente, non serve se non c’è anche il fare intuitivo. Un chirurgo, anche se bravissimo, che di fronte ad un evento imprevisto, non riesce ad avere quel gesto creativo, salvifico, dettato dall’intuizione, dal faro interiore, compromette l’esito dell’intervento stesso. Quindi la creatività è un qualche cosa che non prescinde completamente dal fuori, ma mette in comunicazione il fuori con il dentro. Lo stesso con il suono. Io posso dire una mia esperienza, se mi siedo davanti al pianoforte e incomincio a comporre, difficilmente riesco a combinare qualcosa, ma se per esempio sento una falciatrice che taglia il prato fuori, ed è magari mezz’ora che la sento, innesca dentro di me un ritmo e da quel ritmo può venire fuori una melodia. E questo è il mistero
7: D: La creatività può nascere invece da una situazione di costrizione, di dolore, di sofferenza?
R: La creatività, abbiamo detto prima, nasce quando si rompe il cuore. Voglio dire due cose. Un meditante è più creativo di un non meditante. Però poi ci può essere un creativo stupendo che non è meditante, ma sta facendo uno Yoga spontaneo e non lo sa. Tuttavia l’aspetto del dolore e della sofferenza sono importanti, ma sono importanti perché abbattono schematismi, tabù, luoghi comuni, sociali, della coscienza. Con il dolore tutto viene raso al suolo. Tutte le stupidaggini, chi sono, l’io, cosa conta, tutto viene annullato e finalmente il noi, l’anima emergono. Purtroppo, si, al creare spesso ci arriviamo attraverso la sofferenza.
Magari gli artisti saranno soltanto quelli che stanno soltanto in uno stato altissimo di coscienza perché la sofferenza non è più necessaria per poter mettere a nudo il proprio se, la propria anima. Speriamo.
Relazione liberamente trascritta dalla conferenza tenuta dalla Dott.ssa – Donatella Caramia (prof. Di Neurologia presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Univerisitò di Roma “Tor Vergata”) Sabato 09 Ottobre presso lo Yoga Festival di Milano, dal titolo: “LA MENTE E LA MEDITAZIONE” – Le basi neurofisiologiche dello Yoga, della Meditazione e dei processi creativi.
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