Leggendo questo articolo mi è uscita una riflessione sul come conduco una pratica Yoga.

“Ogni volta che entro in sala guardo i miei allievi, aspetto i loro sguardi, il loro modo di porsi, cerco di percepire le loro necessita, la mia idea del tipo di pratica che farò in quella lezione è presente ma spesso vincono le sensazioni che ricevo, vince la volontà del momento. Negli anni in modo assolutamente involontario ho quasi sempre fatto così, e penso che sia così che si debba condurre una pratica Yoga, almeno per me. La ricerca del dettaglio nell’Asana non l’Asana, è uno scopo, le risposte alle domande, ai dubbi sono un Asana, non la forma scheletrica che la stessa crea attraverso il nostro corpo, il cercare di unire una molteplicità di cose all’interno dell’Asana tale da riempirla anche se la forma esterna non è quella pensata giusta, è Yoga. Sentire, percepire, ascoltare e conoscere rafforzano la pratica e credo che sia questa la vera essenza dello Yoga. Mi ritengo fortunato ad avere un gruppo di persone che credono, sentendo, in quello che cerco loro di insegnare, la mia vera forza sono loro ed è da loro che traggo l’energia per essere presente, attento, alle volte molto, troppo esigente, ma sento che loro sanno perché lo faccio e questo non diventa un “rigore” una “violenza” ma una semplice guida, una rotta.”

Namaste