Quando l’ascolto va oltre

Gen 29, 2019 | Riflessioni, Appunti di yoga

Il concetto di suono nasce già con gli uomini primitivi, i quali credevano che ogni essere possedesse un proprio suono, un proprio canto segreto che lo rendeva vulnerabile alla magia. I greci, successivamente, utilizzarono il suono e la musica, sviluppando sensibilmente la loro applicazione nella prevenzione e nella cura di malattie fisiche e mentali. Aristotele parlava, infatti, dell’autentico valore medico della musica nelle emozioni incontrollate e le attribuiva un effetto benefico a livello della catarsi. Platone utilizzava la musica e la danza in relazione ai timori e le angosce fobiche: «la musica non è stata data all’uomo solo per lusingare i propri sensi, ma anche per calmare i tormenti dell’anima e i movimenti che tenta un corpo pieno di imperfezioni». Celio Aureliano racconta che gli antichi curavano parti dolorose del corpo con l’influsso del suono, soprattutto se si cantava su quelle parti, in modo che il brivido risultante dalla percussione dell’aria recasse loro sollievo. Questo articolo spiega come il suono emesso dalla nostra voce possa evocare qualcosa di più grande, che va ben oltre la semplice funzione del parlato.

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