Mobilità articolare e flessibilità

Apr 5, 2012 | Parliamo di yoga

Proviamo ad analizzare i significati di mobilità articolare e flessibilità, due qualità fisiche dell’uomo molto importanti, che spesso condizionano l’espressione delle altre: la forza, la resistenza e la velocità.

Non ho l’intenzione, perché impossibile in poche righe, di essere esaustivo visto che l’argomento richiederebbe pagine su pagine.

Vorrei solo essere spunto per alcune riflessioni e/o eventualmente chiarire alcuni dubbi.

LA MOBILITA’ ARTICOLARE

  • Per definizione, capacità di due capi ossei di svolgere movimenti ampi all’interno del ROM (range of motion) della loro articolazione in fisiologia. Cioè, senza causare danni alle strutture articolari, combinati alla flessibilità o elasticità muscolare (capacità di un muscolo di variare velocemente la sua lunghezza e risposta relativa).
  • Qualità che permette ad un essere umano di eseguire movimenti di grande ampiezza, con una o più articolazioni, con le proprie forze o grazie all’intervento di forze esterne.

 

LA FLESSIBILITA’

  • Termine spesso utilizzato come sinonimo, ma che a mio avviso definisce meglio la capacità di una serie di articolazioni adiacenti di “muoversi” liberamente, stirando quindi una catena muscolare e non un singolo muscolo. (continuerò a usare il termine muscolo o catena muscolare ma preferirei, perché più reale, parlare di unità o catena miofasciale.)
  • Capacità di compiere movimenti con ampiezza appropriata con determinate articolazioni; il criterio di misura è dato dalla possibilità di massima ampiezza di movimento.
  • Capacità a livello neuromuscolare di non creare troppa resistenza a rispetto al gesto articolare.

Aggiungo una mia personale definizione ai due termini:

LA MOBILITÀ è quella capacità intrinseca presente nel nostro corpo in grado di poter far muovere i segmenti articolari, 206 ossa e 40 articolazioni che lo compongono attraverso una azione muscolare, da ultimi studi ne abbiamo oltre 700, volontaria ed involontaria creando di riflesso una MAGGIOR FLESSIBILITÀ.

Se non esistono specifiche esigenze (ginnasti , ballerini) dove la flessibilità è assolutamente prioritaria per la realizzazione del gesto tecnico, e quindi viene ricercata una performance che è funzionale solo ed esclusivamente alla prestazione di gara della disciplina in questione e non sicuramente alla fisiologia, nel fitness l’importante è che ci sia libertà di movimento, cioè, che l’articolazione possa gestire il suo ROM senza blocchi funzionali,  citando la fisioterapista francese MEZIERES, costituendo un sistema, insieme a tendini, legamenti, fascia e muscoli dove LA FUNZIONE GOVERNA LA STRUTTURA (sistema sano).

Sostanzialmente, questo dovrebbe essere l’obiettivo di ogni protocollo serio di gesti o posizioni atte a migliorare la flessibilità generale.

PRINCIPI GENERALI

La mobilità di ogni articolazione è specifica, dipende dalla funzione anatomica che può essere prevalentemente di sostegno (maggior solidità) o di movimento (maggior mobilità).

Ogni individuo, per caratteristiche genetiche e morfologiche, possiede una sua flessibilità, influenzata anche da età e sesso.  La temperatura, sia corporea che atmosferica, può influenzare la flessibilità, favorendola quando è elevata.  Le diverse ore del giorno possono influenzare la flessibilità, diminuendola al mattino, probabilmente perché di solito è il momento successivo a parecchie ore di immobilità (riposo notturno).  Negli sport, o comunque nelle situazioni dove occorre una flessibilità molto elevata, il continuo allenamento di questa qualità porterà inevitabilmente a una condizione di instabilità articolare e/o lassità legamentosa che, quando non più supportata da ottimale elasticità tissutale e tono muscolare, sarà sicuramente causa di problematiche articolari se non di vere e proprie patologie sviluppatesi nel tempo.

Tornando al nostro “qui e ora” l’equilibrio tra stabilità e flessibilità rimane il risultato da ricercare.

La flessibilità viene di solito classificata in:

DINAMICA durante qualsiasi gesto motorio eseguito in forma più o meno ampia.

STATICA durante il mantenimento di una determinata posizione e che si divide a sua volta in:

  • STATICA ATTIVA il rom ricercato è raggiunto e mantenuto grazie all’azione dei muscoli agonisti.
  • STATICA PASSIVA il rom ricercato è raggiunto e mantenuto con ausili esterni, che possono essere l’aiuto di un partner, un attrezzo o ad esempio la forza di gravità.

Le differenze sono evidenti: pensate solo quanto incide la forza degli agonisti a parità di estensibilità degli antagonisti nella mobilità dinamica o in quella statica attiva rispetto a quella statica passiva.

RUOLO DELLA NEURO FISIOLOGIA NELL’ ALLUNGAMENTO MUSCOLARE

La delicatissima nonché precisa gestione dell’allungamento delle fibre muscolari, anche solo nel ciclo stiramento-accorciamento che accade durante ogni nostro movimento e che si riflette anche nel continuo equilibrio tra muscoli agonisti e antagonisti, dipende da due RECETTORI  principali I FUSI NEUROMUSCOLARI e gli ORGANI TENDINEI DEL GOLGI che si trovano rispettivamente all’interno del tessuto muscolare  (disposti parallelamente alle fibre) i primi, sui tendini e nelle giunzioni muscolo tendinee i secondi. Questi recettori percepiscono infinitesimali variazioni di lunghezza e tensione delle unità miofasciali, nonché la velocità alla quale accadono e, grazie ad alcuni riflessi nervosi, le gestiscono al meglio, in particolare proteggendole da abnormi sollecitazioni in allungamento.

Se l’allungamento rilevato dai fusi muscolari è troppo elevato o rapido, il motoneurone riceve l’impulso di contrastare questo evento potenzialmente dannoso, e quindi scatta una contrazione muscolare riflessa che prende il nome di RIFLESSO MIOTATICO.

Se la tensione diventa troppo elevata, gli organi tendinei del Golgi inviano un impulso inibitore che evita ulteriore contrazione facendo rilassare il muscolo. Questo è IL RIFLESSO MIOTATICO INVERSO.

Quindi mentre il primo gestisce eventuali eccessivi allungamenti dannosi, il secondo gestisce gli eccessi di contrazione.

L’altro meccanismo neurofisiologico che ci interessa, è rappresentato DALLA INIBIZIONE RECIPROCA. L’attivazione di un muscolo, in questo caso agonista, determina inibizione e rilassamento del muscolo antagonista. È solamente applicando tutto ciò alla pratica che si possono ottenere risultati apprezzabili e duraturi in fatto di flessibilità, da non confondere con il comunque positivo, semplice detensionamento miofibrillare raggiunto con i soliti 5’ stretching a fine allenamento.

Parlando di yoga, attraverso l’espressione degli Asana o di approcci motori di varia natura e necessità avremo tanti bisogni da affinare e altrettante capacità che si attiveranno in modo autonomo, quindi il valore di uno dei nostri “pensieri” – La Conoscenza Migliora la Pratica – risulta anche in questo caso molto importante.

Appunti di studio di Gaetano Zanni

1 commento

  1. renzo raffin

    Spiegazione di argomenti complessi resa semplice ed efficace, anche perché molti pensano che flessibilità sia sinonimo di mobilità. Grazie, Renzo.

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